I Domenica di Avvento Anno A
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (24,37-44).
Vigilate
L’evento finale e decisivo della storia profetizzato da Isaia e annunciato dal vangelo come “venuta del Figlio dell’Uomo”, è presentato nelle letture odierne come un giudizio: esso valuta le violenze e le guerre che gli uomini scatenano (I lettura); le immoralità in cui si perdono (II lettura); l’incoscienza e l’ignoranza colpevoli con cui si anestetizzano (vangelo).
La prima domenica di Avvento segna l’inizio di un nuovo anno liturgico e contiene un invito a ricominciare: si tratta di ricominciare il cammino di fede ascoltando di nuovo la Parola di Dio: «Venite, saliamo sul monte del Signore … perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri» (Is 2,3 - I lettura). Ricominciare: S. Agostino ha l’iniziato il suo cammino di conversione per ascoltando la parola di Dio (Confessioni VIII,12,29). Ascoltata la voce che gli diceva “Prendi e leggi”, Agostino aprì la Scrittura e trovò il passo che diceva: “Non nelle gozzoviglie e nelle ubriachezze, non nelle orge e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nella sue concupiscenze”. A questo punto Agostino affermò: “Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Infatti, appena terminata la lettura di questa frase, una luce, quasi di certezza, penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono”. Anche Agostino vive il suo risveglio, il suo passaggio dalle tenebre alla luce.
«Come furono i giorni di Noè… mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito … e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti». Il vangelo, istituendo un parallelo tra il diluvio, che sconvolse la quotidianità ripetitiva della vita della generazione di Noè, e la venuta del Figlio dell’Uomo, ammonisce a non annegare nella banalità dei giorni. La generazione di Noè non è dipinta da Gesù come malvagia o empia, ma semplicemente come incosciente: “Non si accorsero di nulla” (Mt 24,39). La generazione di Noè perì per mancanza di discernimento. Noè, invece, seppe discernere e così salvò se stesso e il futuro: il discernimento dell’oggi salva il futuro. E questa è la responsabilità. La colpa, se di colpa si deve parlare, intravista nel nostro testo, è dunque l’irresponsabilità, l’assenza di discernimento.
È possibile vivere senza accorgersi dei volti. Vivere senza volti: volti di popoli in guerra; di bambini vittime di violenza, di fame, di abusi, di abbandono; volti di donne violate, comprate, vendute; volti di esiliati, di profughi, di migranti in cerca di sopravvivenza e dignità; volti di carcerati nelle infinite carceri del mondo, di ammalati, di lavoratori precari, senza garanzia e speranza, derubati del loro futuro; è possibile, come allora, mangiare e bere e non accorgersi di nulla. Ed è questo il diluvio! I giorni di Noè sono i miei, quando dimentico che il segreto della mia vita è oltre me, placo la fame di cielo con larghe sorsate di terra, e non so più sognare. Sì, in questo caso, ciò che era vero all’epoca di Noè e a quella di Gesù, lo è vero ancora oggi: Dio è ignorato o mal compreso e dunque mal amato! Il posto che gli diamo o è ridicolamente piccolo sino ad essere quasi inesistente o falsato.
«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà». Vegliare significa esercitare l’intelligenza, la riflessione, il pensiero sui tempi che si vivono, per non essere sorpresi dalle catastrofi. Non significa: moltiplicare le sicurezze, barricarsi in casa, cercare di prevenire ogni aggressione e pericolo con dispositivi d’allarme sempre più evoluti.
«Due uomini saranno nel campo, due donne macineranno alla mola, uno sarà preso e uno lasciato»: non sono parole riferite alla fine del mondo, alla morte a caso, ma al senso ultimo delle cose, quello più profondo e definitivo. Sui campi della vita uno vive in modo adulto, uno infantile. Uno vive sull'orlo dell'infinito, un altro solo dentro il circuito breve della sua pelle e dei suoi bisogni. Uno vive per prendere e avere, uno invece è generoso con gli altri di pane e di amore.
Tra questi due uno solo è pronto all'incontro con il Signore. Uno solo sta sulla soglia e veglia sui germogli che nascono in lui, attorno a lui, nella storia grande, nella piccola cronaca, mentre l'altro non si accorge di nulla. Uno solo sentirà le onde dell'infinito che vengono ad infrangersi sul promontorio della sua vita e una mano che bussa alla porta, come un invito a salpare: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3.21).